Classe 1946, di origini palermitane, generale di Brigata dell'Arma dei Carabinieri in congedo, è stato alla testa del movimento dei Forconi e artefice della “rivolta dei tir” che nel 2011 ha paralizzato le strade a lunga percorrenza italiane.
Con l’abitudine della protesta di piazza contro il governo di turno, si fa portatore e paladino di istanze che vanno dall’anti politica al covid-scetticismo, alla rabbia sociale, alle aspirazioni autarchiche.
Storico ospite della Zanzara, il suo rapporto con Cruciani ha vissuto di alti e bassi.
Si è passati dall'epiteto "Zanzara della minchia" del 2017 a una complicità, quattro anni più tardi, resistente alle più petulanti e aspre contrapposizioni Parenziane.
(Le notizie biografiche che seguono sono tratte dall'articolo di Andrea Carli sul Sole 24 Ore del 31 maggio 2020)
Figlio di un brigadiere, diventa generale di brigata dei Carabinieri
Carabiniere, sindacalista, generale, parlamentare, sottosegretario, pluricandidato in proprio alle elezioni, capopopolo con il movimento dei Forconi, quindi la rivolta dei Tir e oggi alla guida dei Gilet arancioni. È questo il suo curriculum. Nato a Palermo nel 1946, figlio di un brigadiere dei carabinieri - racconta un’agenzia di stampa -, entra a sua volta nell’Arma scalandone i gradi e conseguendo anche una laurea in giurisprudenza. Nel 1981, da tenente colonnello, entra nel Cocer, il “sindacato” delle Forze Armate di cui diventa presidente nel 1991. Nel 2000 diventa generale di brigata.
L’esordio della politica nel Psdi
Nel frattempo però ha intrapreso la carriera politica, venendo eletto nel 1992 come deputato indipendente nelle liste del Psdi. Fonda un suo movimento politico, Solidarietà democratica, con cui si candida senza successo come sindaco di Pomezia nel marzo 1993. Si consola della sconfitta grazie a Carlo Azeglio Ciampi, che il 6 maggio lo nomina sottosegretario alle Finanze nel primo governo tecnico della storia repubblicana. Carica che verrà revocata nemmeno due settimane dopo: l’11 maggio il tribunale militare lo condanna a otto mesi di reclusione per una diffamazione ai danni del Comandante generale dell’Arma.
L’esperienza dei forconi e la rivolta dei tir
Pappalardo cerca di restare in politica candidandosi a Roma e poi alle Europee del 1994, ma con scarso successo. Il 24 giugno del 2006, ovvero il giorno prima del collocamento in congedo per raggiunti limiti di età, viene promosso al grado di generale di Brigata. Sempre nel 2006 torna a fare politica come leader dei forconi. Si candida a sindaco di Palermo nel 2011 con il Melograno mediterraneo, ma la lista è esclusa dalla corsa. È uno degli artefici della “rivolta dei tir” che nel 2011 paralizza le strade a lunga percorrenza italiane. Dal 1° ottobre 2018, Pappalardo è sospeso per 12 mesi dalle funzioni del grado a seguito di procedimento disciplinare di stato per violazione dei doveri derivanti dal grado e dal giuramento prestato. Nel 2019 torna in piazza per chiedere aiuti per gli olivicoltori pugliesi colpiti dalla Xilella (è il primo embrione dei gilet arancioni, lontano dal movimento profondamente anti governativo di oggi). Dopo un rinvio a giudizio per offesa all’onore del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, l’ultima iniziativa: partendo dall’esperienza dei Gilet gialli francesi, fonda i Gilet arancioni. Il movimento si presenta alle elezioni regionali in Umbria. Candidato presidente proprio Pappalardo. Ottiene appena 587 voti (pari allo 0,13%). Dopodiché gli ultimi fatti di cronaca, con la decisione di scendere in piazza a Milano a dar voce a istanze anti sistema, a cominciare dal no all’esecutivo Conte, sì a un «governo votato dal popolo» e a un «ritorno alla lira italica».
Spiri: dalla crisi della Prima Repubblica rischio piazze sempre presente
«Si tratta di una delle manifestazioni di protesta nei confronti dell’establishment. Iniziative che ciclicamente hanno caratterizzato la vicenda storica dell’Italia repubblicana», sottolinea Andrea Spiri, docente in Storia dei partiti politici presso la Luiss di Roma. «Si può essere d’accordo o meno con gli slogan proposti - aggiunge - ma ciò che accomuna queste iniziative è il sentimento avverso nei confronti di tutto ciò che rappresenta il sistema. Ad esempio, seppure con caratteristiche sostanzialmente diverse e in contesti storici differenti, si può ricordare la dura protesta nei confronti dell’allora leader del Psi Bettino Craxi, con la scena del lancio delle monetine davanti all’Hotel Raphael, al culmine del processo di sfaldamento della cosiddetta “Prima Repubblica”. Oppure le prime manifestazioni del movimento Cinque Stelle, quando riempiva la piazza all’urlo del “Vaffa day” o annunciava di voler aprire il parlamento come una scatoletta di tonno. Al di là del caso Pappalardo - conclude Spiri -, con l’emergenza Covid e la crisi economica c’è il rischio che le piazze diventino teatri di tensione sociale».
(dall'articolo di Andrea Carli sul Sole 24 Ore del 31 maggio 2020)
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