Umberto Bossi

Da Cattivissimi Noi (giugno 2013)
 

Quando è iniziata l’epopea degli scherzi telefonici a La Zanzara?

     P: Con Umberto Bossi, nel settembre 2011. A fare l’imitazione ero io. Fin dal ginnasio ho sempre fatto imitazioni.

     C: Ovviamente Parenzo in questa veste è una mia invenzione, una mia creazione… Intendo l’idea di utilizzarlo per “fottere” le persone al telefono.

     P: L’idea di fare Bossi nacque per caso. Un giorno stavamo cazzeggiando in radio e a un certo punto feci la voce di Bossi: «Ma vaffanculo Cruciani». Lui subito: «È fantastica ’sta roba! Facciamo Bossi che chiama qualcuno in radio».

     C: La prima telefonata, al procuratore Giandomenico Lepore, fu clamorosa.

     P: Lì scoppio un casino vero.

     Perché?

     P: Lepore era procuratore a Napoli. Nell’ambito dell’inchiesta sulla P4 la Camera doveva votare la richiesta d’arresto per il deputato del Pdl Marco Milanese, all’epoca l’uomo di Giulio Tremonti.

     C: La Camera bocciò la richiesta d’arresto grazie al voto contrario dei bossiani mentre i leghisti vicini a Maroni votarono a favore. Proposi a Parenzo di chiamare Lepore.

     Mi ricordo la telefonata del finto Bossi: Lepore venne lasciato a lungo in attesa, sulle note di Va, pensiero.

     C: Era tutto in diretta, ti rendi conto? Siamo stati corsari ma irresponsabili. Alle sette e un quarto chiamammo Lepore, uno che risponde tranquillamente al telefono e parla con i giornalisti dopo due secondi.

     P: Faceva conferenze stampa in continuazione.

     C: E nelle conferenze stampa faceva anche mezze gaffe.

     P: Ma come potevamo rendere verosimile una telefonata con il ministro Bossi? Chiesi a Laura Marchesi, una delle persone che lavora in redazione, di dire al telefono «segreteria di Umberto Bossi, le passo il ministro». Poi doveva far partire la musica di Va, pensiero nell’attesa che Bossi arrivasse al telefono. Lepore rispose subito. Dopo qualche secondo iniziai a improvvisare: «Pronto. Sono Umberto Bossi». Il procuratore usò subito un tono confidenziale. Io gli dissi: «Volevo dirle che non è un atto ostile contro la sua procura il fatto che non abbiamo votato a favore dell’arresto di Milanese».

     Lepore non si rese conto dello scherzo?

     P: No. A un certo punto decisi di farmi scoprire: «Magari uno di questi giorni vengo a Napoli col “Trota” a vedere la partita». E lui rispose: «Ah sì, l’aspetto…» La telefonata finì con Bossi che esclama «Forza Napoli». Niente di più improbabile!

     Eppure Lepore non ebbe dubbi. All’inizio disse alla pseudo-segretaria «Come no, me lo passi». Poi, mentre il finto Bossi si affannava a spiegare che il voto che salvava Milanese non era contro i magistrati, lui lo confortava: «Non lo abbiamo mai pensato». La morale è che, quando un politico chiama, tutti si mettono sull’attenti o quasi.

     P: La morale è che il potere “si telefona”, si parla, anche se si trova su posizioni opposte.

     C: L’errore, oggettivamente, fu fare la telefonata in diretta. All’inizio il procuratore parlava con un suo collaboratore, poteva dire di tutto. Ma Lepore non fu servile con Bossi, solo cortese.

     Perché?

     C: Per quello che ho detto prima. Quello che diceva Lepore non era controllabile, non potevi scegliere se mandarlo in onda o no. Era già in onda! Se, ad esempio, avesse detto che Berlusconi o un altro politico è un coglione, sarebbe successo un casino inaudito. Appena finita la telefonata, tantissimi chiamarono Lepore per dirgli che l’avevano sentito a Radio24 e lui chiamò subito il direttore per elencare tutti i reati che avevamo commesso.

     P: Una decina, il più bello era vilipendio della magistratura…

     Il direttore non sapeva nulla?

     C: In questo caso no, essendo successo tutto in pochi minuti. Per fortuna non ci furono denunce né conseguenze di alcun tipo.

     In tanti sono finiti nella trappola del finto Bossi. Mi viene in mente Lorenzo Bini Smaghi (autunno 2011). In base a un accordo tra il governo Berlusconi e quello francese, avrebbe dovuto dimettersi dal board della Bce per aprire la strada alla presidenza di Mario Draghi.

     C: Fu l’ultimo scherzo in diretta. E devo ammettere che Bini Smaghi si comportò da gran signore.

     P: Io ero a casa e stavo preparando per mia figlia, ogni tanto capita anche durante la trasmissione, il dvd dei Pirati dei Caraibi. Mi chiamò Cruciani: «Telefoniamo a Bini Smaghi». Mi chiusi in camera e iniziai a impostare la voce di Bossi.

     C: Bini Smaghi era in macchina, in Germania, di ritorno a casa dall’ufficio di Francoforte. Da un collega mi ero fatto dare il numero tedesco. Erano le otto e trequarti, mancavano pochissimi minuti alla fine. Provai a fare il numero senza troppa convinzione, Bini Smaghi invece rispose: «Hallooo».

     P: Il meccanismo era collaudato: prima parlò la mia “segretaria”, poi il solito Va, pensiero, quindi iniziai a fare Bossi.

     C: Bini Smaghi disse una cosa incredibile: criticò Berlusconi che a Porta a porta, la sera prima, aveva detto che si doveva dimettere. Disse che certe cose non si dovevano dire in tv. Aveva ragione.

     Neanche Bini Smaghi capì che si trattava di uno scherzo?

     P: No, tutte le nostre vittime, anche quando lo scherzo con Bossi era diventato popolare, sono sempre rimaste col dubbio che fosse quello vero. A un certo punto bussò alla porta mia figlia, spaventata dalla “strana” voce che stavo facendo. Io, sempre imitando Bossi, esclamai: «Ma chi è? Il “Trota” che mi disturba?» Bini Smaghi non mi scoprì neppure in quel momento, allora alzai l’asticella. Bossi era quello della Banca Padana, dunque proposi a Bini Smaghi di chiamare Massimo Ponzellini, allora presidente della Banca Popolare di Milano, per garantirgli una compensazione con una banca del Nord…

     C: Lui terrorizzato disse: «No no, non si preoccupi!» Pazzesco!

     Chi si è arrabbiato di più per uno scherzo telefonico?

     C: Raffaele Bonanni.

     P: Il finto Bossi gli chiese di fare fronte comune contro la riforma delle pensioni del ministro Fornero.

     C: Il segretario della Cisl era pronto a condividere questa battaglia con la Lega e mandammo in onda lo scherzo. Da quel che sappiamo, Bonanni fece l’inferno, chiese di non dare risalto allo scherzo, addirittura chiamò (o fece chiamare) la Marcegaglia (o chi per lei) per protestare, “minacciando” di far saltare alcuni accordi. Non so se andò davvero così, ma in quel caso evitammo di fare pubblicità allo scherzo con lanci di agenzia eccetera. Succede anche questo: Bonanni aveva le sue ragioni, ma noi gli abbiamo fatto solo uno scherzo. 

     Avete mai provato a fare uno scherzo ai leghisti con la voce del finto Bossi?

     P: Una volta abbiamo chiamato Radio Padania ma subito mi dissero: «È quel coglione di Parenzo». In generale, comunque, i leghisti si sono sempre divertiti molto all’imitazione del loro leader.