Stupefacenti

Da "Cattivissimi Noi" (giugno 2013)

 

     Qual è il format della trasmissione?

     C: La Zanzara ha il format dell’improvvisazione, dello sberleffo. In realtà, non ha format.

     P: Però ha una liturgia riconoscibile a partire dai caratteri delle persone che invitiamo, dal modo in cui io e Cruciani parliamo con gli ospiti e gli ascoltatori. Viene fuori una chimica speciale, difficile da spiegare a parole. Non c’è la musica, ma si sente una musica particolare.

     C: La Zanzara vive delle voci che raccogliamo da tv e radio, un immenso archivio che poi rimettiamo in circolo a seconda del nostro umore e dell’uso che ne vogliamo fare. Soprattutto è una trasmissione in cui io e Parenzo esprimiamo la nostra opinione in totale libertà. Non è scontato, se pensiamo alla Rai dove, se ti azzardi a esprimere un’opinione, fai scandalo e vieni crocifisso. Sei considerato un alieno. E poi ci sono le maschere, i comici involontari, gli imitatori, gli ascoltatori pazzi, i “mostri” che servono a cucinare il minestrone di un caravanserraglio improbabile e travolgente. Si suda. Si ascoltano voci storte, sgrammaticate, piccoli ragionamenti, scoregge, sesso, insulti, parolacce e subito dopo spunta invece l’ospite “serio” che magari non sa che pochi istanti prima c’era uno che ha ruttato di tutto. E anche quello “serio” o presunto tale qualche volta finisce per buttarla in vacca.

     Alla Zanzara i politici dicono e a volte persino fanno cose (vedi imitazioni e performance canore) che in altre trasmissioni non oserebbero neanche pensare.

     C: Noi tentiamo sempre di tirare fuori quello che i politici dicono nel privato, nei corridoi del Parlamento, ma che invece in pubblico tacciono. Noi cerchiamo di riprodurre il chiacchiericcio alla buvette o non so dove con tutti i suoi epiteti, le sue parolacce, a microfoni aperti. In alcuni casi l’ospite se ne rende conto, in altri usiamo un mezzo inganno, come lo scherzo telefonico o la domanda a trabocchetto per strappare una dichiarazione forte, netta, sopra le righe.

     Non pensate a volte di esagerare?

     C: Perché? La politica è fatta, spessissimo anche all’interno dei partiti, di scontri personali, amicizie e inimicizie, sgambetti e controsgambetti. Bisogna trovare il modo di portare alla luce queste cose.

     P: Questa è la chiave di lettura che diamo di ciò che accade in politica. Noi non ci mettiamo mai d’accordo con l’ospite e spesso neppure tra di noi. Ci sono elementi potenzialmente prevedibili durante la diretta, gli scazzi tra me e Cruciani, le nostre incazzature a turno con gli ascoltatori, qualcuno che ci manda affanculo… Però, perché c’è una tensione che raramente si avverte in altri programmi? Perché l’ascoltatore ha sempre la sensazione che l’imprevisto possa capitare in qualsiasi momento.

     L’imprevisto può scaturire anche da una domanda (con conseguente risposta) che non ti aspetti.

     P: Certo. Le domande vengono spontanee. Non nascono da una scaletta ma dal clima confidenziale e senza filtri che si crea con l’ospite. A Giancarlo Galan chiedemmo se fosse mai stato con una prostituta.

     E lui?

     P: Con qualche resistenza rispose: «Sì, sono andato con una prostituta». A quel punto le domande non si fermavano più: era italiana? Dove è successo? In albergo oppure per strada mentre passava con la macchina? I casi di domande e risposte spiazzanti sono tantissimi…

     C: Nella serie “domande private o imbarazzanti” c’è tutto il filone sugli spinelli…

     Cioè?

     C: A un certo punto, iniziammo a chiedere agli ospiti se avessero mai fumato una canna in vita loro. Anche adesso, di tanto in tanto, lo chiediamo. Quasi tutti dicono di no, ma qualcuno sincero lo abbiamo incrociato.

     P: Chicco Testa ha ammesso che se ne fa ancora, anche se non ai livelli di quando era giovane. Stefano Fassina, oggi nel governo Letta, qualche canna da giovane se l’è fumata. Gianfranco Micciché confessò addirittura di aver fatto uso di droghe pesanti.

     C: Proprio lui, il ras di Forza Italia in Sicilia, quello del 61 a zero che vinse tutti i collegi, poi diventato grande nemico di Alfano e pure di Berlusconi e adesso di nuovo in sella come sottosegretario nel governo Letta grazie al Cavaliere. Da noi confessò di essere stato “cocainomane”.

     P: Successe quando Saviano lo attaccò dicendo che uno così è ricattabile. Per la precisione disse: «Non sono più cocainomane, lo sono stato quando ero ragazzo ma l’ho sempre ammesso. Ho fatto delle minchiate, avevo vent’anni e c’era la contestazione. Non rinnego nulla».

     C: Invece Virginio Merola, nella campagna elettorale che l’avrebbe fatto eleggere sindaco di Bologna, disse che le sigarette fanno più male di uno spinello. Ne venne fuori un putiferio: tutti gli altri candidati e pure San Patrignano lo attaccarono. Vinse lo stesso.

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