
Da "Cattivissimi Noi" (giugno 2013)
Potrebbe esistere La Zanzara senza il contributo, in diretta, degli ascoltatori?
C: Assolutamente no. È inconcepibile. Quando in una puntata parlano due ascoltatori efficaci, divertenti, irrispettosi e soprattutto battaglieri, be’, puoi anche fare a meno dei politici.
P: Ma chi chiama in diretta è una parte minima di chi ascolta, non rappresenta nulla. Spesso sono solo provocatori. Gente che non ha niente da fare. Insultatori di professione. Non sono lo spaccato di niente. Solo marionette in mano a Cruciani, che li utilizza per il suo show.
Chi interviene in diretta deve passare una lunga trafila?
C: Piuttosto lunga. La prima cosa da fare è chiamare il nostro numero verde, a cui rispondono le centraliniste di Radio24, che si annotano nome, telefono e motivo (vero o presunto che sia) per cui vogliono parlare con noi. A questo punto sono i nostri collaboratori, in regia, a scegliere chi richiamare.
Poi si viene messi in diretta. Che spesso significa, prima, una lunga attesa. Poi un vero e proprio maltrattamento radiofonico.
C: Non è sempre così. Quando un ascoltatore dice cose intelligenti o su cui concordo lo dico in modo chiaro. Certo, se mi annoia non lo nascondo e chiudo subito la telefonata.
P: A un certo punto ci siamo inventati la famosa ambulanza. Ormai tra gli ascoltatori più affezionati è diventato un modo di dire. Quando uno è fuori controllo parte una sirena e gli chiediamo: «Dove si trova? Adesso arrivano due signori in camice bianco a portarla via, non si preoccupi. Una punturina e passa tutto».
Gli ascoltatori, a volte, danno l’impressione di godere a farsi mandare a quel paese da voi. Sembra abbiano un istinto masochista.
C: È possibile. Conosco quelli che chiamano La Zanzara per poterlo raccontare agli amici e magari dire: «Visto, Cruciani mi ha mandato a cagare». Ma ne conosco tantissimi che non chiamerebbero mai. Per fortuna.
P: Io, invece, ho con loro un rapporto di amore e odio. Direi più di odio…
Addirittura?
P: Sì è così. In particolare, quelli che chiamano per dire che non sono d’accordo con me, e lo fanno urlando e insultando, hanno un effetto benefico: mi rassicurano. Se fossero dalla mia parte, inizierei a preoccuparmi.
Parenzo, hai appena accennato al fatto che spesso e volentieri tu e Cruciani ingaggiate duelli rusticani con gli ascoltatori, senza esclusione di colpi.
P: Direi che è il bello della Zanzara. Visto che in diretta non ci sono filtri né steccati, i conduttori, gli ospiti e gli ascoltatori spesso si ritrovano sullo stesso piano. Le accuse, persino le offese, non conoscono confini e possono diventare reciproche, in entrata come in uscita. Io e Cruciani siamo come san Sebastiano, esposti alle frecce di chi chiama in diretta. La differenza è che, spesso, le restituiamo al mittente. Io non credo assolutamente che si debba porgere l’altra guancia. Se uno chiama e mi dà del coglione, io gli do del coglione al cubo. È un corpo a corpo continuo, siamo dei combattenti del microfono. Poi, lo ammetto, quando mi faccio trascinare nella melma da qualche ascoltatore mi fermo un attimo e mi pulisco.
C: Io non ho bisogno di pulire nulla. Sono abituato a rotolarmi nel fango e al lancio di pietre addosso. Però ho fatto diventare alcuni ascoltatori dei protagonisti, dei personaggi cult del programma. La prima vera star fu Paolo Papillo. Torniamo a quattro anni fa.
Il camionista Paolo Papillo.
C: Già, un camionista che trovava il tempo di gestire un blog, Informazione dal basso, aveva in mano non so quanti telefoni e chiamava tutte le trasmissioni possibili dove erano previsti interventi in diretta. Un fenomeno. Una volta riuscì a litigare con Forbice di Zapping presentandosi come Giovanni Pani da Scandicci. Appena cominciò a parlare delle “orge di Berlusconi”, Forbice lo liquidò mentre Papillo alias Giovanni Pani lo attaccava: «Si vergogni, si vergogni, si informi». Lo avevo ribattezzato il “Paolini della radio”, era un fan di Grillo fin dal 2009. Era letteralmente ossessionato dall’idea che Radio24 lo censurasse. Per superare la “regola” che impedisce alla stessa persona di chiamare nei trenta giorni successivi faceva chiamare in radio da un suo amico che gli passava il telefono oppure spuntava fuori con un numero nuovo. A un certo punto cominciai a chiamarlo direttamente io.
P: C’era un altro ascoltatore pugliese che aveva comprato una serie di schede telefoniche e chiamava apparentemente da numeri e posti diversi. Solo che noi riconoscevamo la voce.
C: Paolo Papillo è stato a lungo il mio incursore preferito. Dai suoi interventi si poteva capire già dal 2009 il successo che avrebbe avuto Grillo negli anni successivi. Poi se ne sono aggiunti altri. A cominciare da Giovanni da Pisa, detto “l’Imbelvito” perché ferocemente antiberlusconiano. Detestava così tanto Berlusconi, all’epoca ancora premier, che gli augurava le peggiori disgrazie. Soprattutto ce l’aveva in continuazione con noi perché ci considerava troppo morbidi col Caimano: «Sono imbelvito perché nemmeno il Pd si imbelvisce con Berlusconi. Io sono imbelvito con lei perché lei non si imbelvisce col Cavaliere».
È vero che ogni tanto spronavi la redazione a chiamarlo?
C: Sì, quando avevo voglia di fare un po’ di casino oppure volevo sentire alcune delle sue folgoranti definizioni. Una volta disse che i capelli di Berlusconi erano «del colore della maglia del Torino». Ma te ne posso citare a centinaia di queste freddure. Dopo qualche mese ci raccontava cosa avrebbe mangiato a cena e come si vestiva. Poi a un certo punto ci siamo conosciuti di persona. Al festival della Versiliana, qualche anno fa. Giovanni l’Imbelvito era cieco. Non l’avevo capito, non lo sapevo. Ci siamo abbracciati. Poi all’improvviso è sparito.