Paolo Becchi

Da "Cattivissimi Noi" (giugno 2013)

     Chi deve la fama improvvisa a Grillo è il professor Paolo Becchi. Pur insegnando filosofia del diritto all’università di Genova, all’improvviso tv, radio e giornali si accorsero di lui per i ripetuti attacchi al governo Monti, soprattutto in campo economico. Venne così scoperto un formidabile fan del Movimento 5 Stelle (quando non era ancora così frequente trovarne) e nacque un personaggio del dibattito politico.  

     C: Il primo a dare spazio a Becchi fu «Libero», che iniziò un bel giorno a pubblicare i suoi articoli contro l’Europa, le banche e il governo. Poi Andrea Vianello lo lanciò in tv, ad Agorà, dove io stesso ebbi uno scontro con lui sull’euro. Ma quello fu anche l’inizio del nostro legame. Tante volte l’abbiamo ospitato in trasmissione, io a Becchi alla fine voglio bene. Da noi dichiara spesso cose forti, a effetto, forse perché si sente a suo agio in un ambiente che non è formale. Raggiunse il punto più alto quando disse, dopo la nomina di Saccomanni al ministero dell’Economia: «Se qualcuno tra qualche mese prende i fucili non lamentiamoci». Stava scherzando, il suo era un paradosso e lo disse pure in diretta, anche se la critica alle scelte economiche del governo Letta (colpevole, a suo giudizio, di muoversi nel solco tracciato da Monti) era lucidissima. Per quella frase venne crocifisso dalla stampa e molti parlamentari grillini hanno preso le distanze da lui, facendo finta di non conoscerlo.

     P: Fino a un anno fa il professor Becchi era un perfetto sconosciuto, adesso invece è un personaggio con un suo seguito. D’altra parte la barba lunga, l’eloquio frizzante e mai politicamente corretto si prestano alla perfezione. Sorrido solo quando si paragona a Pasolini, avendo deciso di scrivere un libro dal titolo ambizioso Nuovi scritti corsari. Perché uccidere due volte il povero Pasolini, un grande intellettuale, sempre controcorrente, sempre scomodo, frocio quando era pericoloso esserlo?

     C: Secondo me Becchi è davvero convinto che senza violenza non se ne esce. La prima volta alla radio disse che si doveva fare tabula rasa e annientare tutta la classe politica attuale, se necessario anche con la rivolta armata. «La situazione se non migliora peggiora» disse qualche mese dopo, sempre alla Zanzara. «E non so quanto il Movimento possa frenare la violenza della gente, che è nella natura delle cose». Poi voleva sputare in faccia a Monti se lo avesse incrociato per strada e guai a fargli il nome di Prodi, per lui un vero diavolo per essere uno degli architetti dell’euro, uno da utilizzare «come bersaglio per le freccette». Questo è il vero Becchi, altro che chiacchiere.

     Sbaglio, o quando se ne uscì con la storia dei fucili parlò anche dell’attentato davanti a Palazzo Chigi il giorno del giuramento del governo Letta?

     P: Un delirio. Queste le sue parole: «Basta guardare la maggioranza che ha ottenuto questo governo per rendersi conto che gli spari a Palazzo Chigi lo hanno rafforzato. La colpa poi viene attribuita al Movimento 5 Stelle. Così si prendono due piccioni con una fava». E ancora: «La prima provocazione doveva avvenire con atti di violenza quando Grillo era a Roma la sera dell’elezione di Napolitano. Poi l’ha capito e per questo non è più andato in piazza. Ora ne vedremo delle belle». A quel punto gli abbiamo chiesto chi fossero i mandanti, secondo lui: «Non lo so, ma è nell’interesse del governo che non si dia spazio a questa opposizione. Difficile pensare che Preiti sia arrivato da solo con una pistola. Non posso escludere che si tratti di una provocazione per rafforzare il governo. Tutti gli indecisi del Pd hanno votato compatti la fiducia e subito la colpa a Grillo. I burattinai? C’è un potere visibile, e un potere invisibile. Questo è il potere invisibile». Pura follia.

     C: Ma c’è anche un altro Becchi. Quello con i problemi all’ano e con la fissazione, comprensibile, per il culo delle donne. Dico sul serio, ce lo ha confessato in una delle ultime puntate prima dell’uscita di questo libro. Lo hanno pure rimproverato per una battuta. Te la ripeto perché vale la pena: «A me il culo non dispiace, quando guardo da dietro una ragazza io guardo sempre il culo, però mi hanno detto che questo non si può dire perché poi ti accusano di femminicidio perché magari ti sei fatto chissà quali idee, invece ti piace proprio il culo. Capita a tutti di vedere il sedere delle signorine, non faccio niente di male». Una cosa scherzosa, eppure le guardiane del politicamente corretto se la sono presa col povero professore.

     Povero, addirittura. Mi sembra che si difenda bene da solo.

     C: Ma dico povero per un motivo ben preciso. Ha scritto un racconto sulle fistole anali di cui ha sofferto a lungo.

     P: Ti rendi conto? Siamo stati appresso per mesi a uno che è passato dalla “prorogatio” del governo Monti alle emorroidi…

     C: La roba è serissima. «Il racconto si intitola Anatomia del dolore» ci disse, «e chiedo un aiuto a voi della Zanzara: qualcuno me lo pubblica? L’ho scritto perché la fistola anale è una cosa che mi fa soffrire tantissimo. È uno scritto bellissimo dove si parla di una suora, degli angeli e alla fine c’è anche un bel rapporto sessuale. Se mi chiamavo Baricco lo pubblicavano subito. Da quando sono grillino non mi pubblicano più niente». Occorre intervenire.