Oscar Giannino

Da "Cattivissimi Noi" (giugno 2013)

    Avete amici tra i politici in Parlamento?

     C: Sì, ma non ti dico con chi. Ma sono pochi, si contano sulle dita di una mano.

     P: Pochi ma buoni. Ma quando sei un giornalista non puoi fare sconti a nessuno, nemmeno alle persone che conosci bene o per cui provi simpatia.

     C: Basta vedere il trattamento che abbiamo riservato a Oscar Giannino, un mio amico oltre che un collega per tanti anni a Radio24 e prima ancora a Liberal.

     Ti riferisci alla storia delle false lauree con cui Giannino ha compromesso la carriera di giornalista e la sua avventura politica?

     C: Sì. Quando, a pochi giorni dal voto, l’economista Luigi Zingales accusò Oscar di aver mentito sui propri titoli accademici, in particolare sul master conseguito alla Chicago University, non potevamo ignorare la notizia. In quei giorni Giannino veniva attaccato in maniera furibonda da Berlusconi e dai giornali di area centrodestra perché i voti della sua lista potevano essere decisivi. Ed erano in gran parte voti di berlusconiani delusi. Quella sera stessa aprii la trasmissione ponendo, in modo se vuoi impietoso, questa domanda: «Giannino, quello che mette il merito al primo punto del suo programma, ha taroccato i suoi titoli di studio?» Poi venne giù la valanga. Si scoprì che non era neppure laureato.

     P: Nei giorni successivi, mentre Giannino tentava un’autodifesa sinceramente goffa, andammo a frugare in giro alla ricerca di prove delle sue cazzate.

     C: Su internet, a cominciare dal sito dell’Istituto Bruno Leoni di cui era autorevole membro, spuntarono curricula di Giannino “taroccati”, con laurea e master in bella evidenza. In pratica, Oscar si presentava ai convegni dove veniva invitato come moderatore e speaker, lautamente retribuito, come laureato e specializzato. Poi c’erano le “prove” sonore, la sua voce.

     P: Una serie di video, che in alcuni casi ci segnalarono i nostri ascoltatori, in cui Giannino citava espressamente il master alla Chicago University e compagnia cantando. Video che abbiamo mandato in onda. Che dovevamo fare? Tenerceli nel computer? Era diventato un caso politico importante.

     C: Ricordo anche che, in uno di questi video, Giannino faceva addirittura il nome di un suo insegnante in America premio Nobel per l’economia, che premio Nobel non era mai stato. In un altro diceva di aver incontrato la Thatcher e Reagan. Altre cose non le mandai in onda perché non avrebbero aggiunto nulla, ma lo avrebbero ridicolizzato ancora di più. Lo avrei votato lo stesso, però mi resi conto che con quella storia non aveva nessuna possibilità di raggiungere il quorum del quattro per cento.

     P: Chissà quanti voti perse Oscar per colpa del master! Sicuramente gli voltarono le spalle molti ascoltatori della Zanzara, gli stessi che alle 9 di mattina si erano entusiasmati per la sua trasmissione e per le battaglie liberali e liberiste condotte ai microfoni di Radio24. Altri, invece, ci accusarono di essere stati troppo cattivi e spietati con Giannino, che in fondo fino a qualche giorno prima trasmetteva dagli stessi studi. Arrivarono mail e telefonate di gente convinta che stessimo esagerando nei suoi confronti mentre con altri politici, Berlusconi in primis, non avevamo mai mostrato la stessa indignazione. Anch’io, a dirla tutta, penso che abbiamo infierito troppo.

     C: Parenzo, ma che dici? Ribadisco quello che pensavo in quei giorni caldissimi, lo dissi pure in diretta. La mia non è stata ferocia o sciacallaggio. La Zanzara semplicemente ha raccontato la verità, la dura, tragica, verità. Quando si tratta di persone che conosci devi essere meno indulgente che con altri.  

     P: Dai Giuseppe, per giorni interi abbiamo sputtanato Giannino senza pietà per ogni bugia, persino quelle più innocenti, come la millantata partecipazione allo Zecchino d’Oro.

     C: Rifarei tutto. Le bugie innocenti non esistono, esistono le bugie e basta. Se fai il giornalista non importa a nessuno, se ti metti in politica ormai ti spellano anche in Italia. Venne fuori un articolo scritto per «Il Foglio» nel 2009, nel quale Giannino raccontò di aver partecipato al celebre concorso canoro per bambini. Chi meglio di Cino Tortorella, il mitico Mago Zurlì, poteva dirci se era vero?

     Voi l’avete chiamato subito in diretta.

     C: Sì, e Tortorella fu chiarissimo. «Ho verificato su un annuario tutti i nomi dei bambini che hanno partecipato allo Zecchino dal ’61 in poi e non c’è nessuno che si chiama Oscar Giannino».

     P: Tortorella escluse anche l’ipotesi che avesse potuto partecipare con un nome falso. «C’è stato solo un caso, con la figlia di Ugo Tognazzi presentata sul palco solo con il nome, senza il cognome, per non favorirla in alcun modo». Ma continuo a pensare che si poteva evitare di raccontare questa storia che non ha aggiunto nulla.

     C: Invece ti sbagli. Se menti sullo Zecchino d’Oro puoi raccontare balle su tutto, persino sulla data di nascita o sul nome di tua sorella. Sono convinto che Oscar abbia un problema, quello della menzogna seriale, e non da adesso. Mi ha ricordato molto la storia raccontata dallo scrittore francese Emmanuel Carrère nel libro L’avversario, che poi è diventato anche un film con Daniel Auteuil nel ruolo del menzognero che poi stermina la sua famiglia, tenta il suicidio ma sopravvive. Carrère racconta come una piccola bugia può generare una slavina che poi ti travolge e ti segna per tutta la vita. Il protagonista aveva costruito tutte le sue relazioni sociali, la famiglia, gli amici e i parenti, su una serie infinita di fandonie, a partire dalla laurea in medicina mai conseguita. Quando il vaso si riempì, scoppiò la tragedia. Insomma, la menzogna come patologia.

     Ma per fortuna la vicenda Giannino non si è conclusa in quel modo, Cruciani.

     C: No, certo. Ma in quelle giornate tese di fine febbraio, quando mancavano pochi giorni al voto, il direttore del «Giornale» Alessandro Sallusti ci raccontò la sua versione del caso Giannino. Per certi versi fu esilarante, ma c’era un fondo di verità. Raccontala tu, David.

     P: Me lo ricordo perfettamente. Sallusti aveva già scritto che il voto per Giannino era «inutile» e «stupido in quanto autodistruttivo». E ancora: «Sembra un simpatico istrione ma chi lo conosce lo evita». In radio non si fece pregare due volte e raccontò: «A “Libero” teneva il suo gatto chiuso in ufficio per mesi. Io una volta entrai e venni aggredito dall’animale. All’epoca l’ufficio puzzava, e si sentiva l’odore per tutti i corridoi. Quando è andato via abbiamo dovuto bonificare». Secondo Sallusti non era neanche in grado di amministrare il budget dell’inserto che dirigeva, per cui, aggiunse, «non gli farei gestire nemmeno un condominio». Poi la stoccata finale: «Giannino dice di non mangiare perché è malato, ma ho i testimoni che l’hanno beccato a svuotare il frigorifero alle 3 di notte».

     C: E con l’immagine di Oscar, gettato a capofitto dentro il frigo a sbranare quello che capitava sotto mano, si concluse l’avventura elettorale della lista Fare.
 

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