Massimo Calearo

Da "Cattivissimi Noi" (giugno 2013)

    Un discorso a parte, a proposito di “mostri”, merita Massimo Calearo.

     C: In effetti è un caso unico nella storia de La Zanzara. Divenne “mostro” a pieno titolo solo dopo l’esibizione al nostro programma.

     P: Calearo era il prototipo del “padrone”, nemico giurato dei sindacati. Quando era presidente di Federmeccanica aveva l’inno di Forza Italia come suoneria del telefonino. Poi lo tolse quando Veltroni lo candidò nelle liste del Pd alle elezioni politiche del 2008. Seggio assicurato in Veneto.

     C: Però Calearo morì politicamente nella primavera del 2012. Fu un momento importantissimo per La Zanzara, perché per la prima volta un ospite si lasciò andare completamente, perdendo il controllo della situazione, e le sue dichiarazioni ebbero conseguenze micidiali per l’interessato. Secondo me Calearo venne in trasmissione già con l’idea di togliersi qualche sassolino dalla scarpa, ma la cosa gli sfuggì di mano.

     Me lo ricordo. Vi regalò una notizia dietro l’altra. Ricostruiamo la vicenda.

     P: Era marzo, al governo c’era Monti e Calearo aveva cambiato partito già diverse volte: dal Pd era transitato nell’Api di Rutelli, fino all’appoggio a Berlusconi insieme ai Responsabili di Scilipoti.

     C: Noi eravamo in trasferta a Verona. Lui venne da Padova accompagnato, se non ricordo male, dal figlio. Arrivò a bordo di una Porsche con targa slovena. Fu una persona del pubblico in sala a farci notare la cosa.

     P: «Ghe se na machina targata Slovenia… Chiedetegli come mai» ci disse un signore. Così, prima della diretta, gli domandammo della targa straniera. Lui disse: «In Slovenia non pago le tasse sull’automobile».

     C: Per uno col suo tenore di vita non potevano certo essere un problema tre-quattrocento euro di tasse, ma lui replicò: «È una questione di principio». Poco dopo, in trasmissione, raccontò la storia della macchina con la stessa schiettezza.

     Non fu l’unica sparata di quella sera.

     P: Disse che dall’inizio dell’anno era andato alla Camera sì e no tre volte, perché non si faceva altro che «schiacciare un bottone». Spiegò che vedere due uomini che si baciano per strada gli «fa schifo» e che non avrebbe mai lasciato l’incarico di parlamentare perché altrimenti sarebbe subentrato al suo posto «un filocastrista» (il primo dei non eletti, Andrea Colasio, che peraltro era un ex democristiano del Pd).

     In realtà, la vera dichiarazione choc fu un’altra: ammise che lo stipendio da deputato gli serviva per pagare il mutuo. Quella frase passerà alla storia della Seconda Repubblica.

     C: «Lei prende dodicimila euro al mese?» «Sì». «Tutti i dodicimila euro le servono per pagare il mutuo? Ma che casa ha? Una villa pazzesca?» Inizialmente fu vago nella risposta. Disse che viveva in un capannone. «Una casa-capannone? Di quanti metri? Duecento, trecento?» «Diciamo meno di tremila». Era come se fosse entrato in una bolla senza rendersene conto. In platea il sindaco di Verona, Flavio Tosi, era totalmente esterrefatto.

     P: La cosa ancora più incredibile è che quasi tutto quello che Calearo raccontò in diretta, a parte la storia del mutuo, ce l’aveva già svelato prima, fuori onda. Nell’anticamera del concessionario di automobili che ci ospitava aveva già confessato la repulsione nei confronti del lavoro della Camera, il fatto che ci andava raramente eccetera…

     C: Prima della trasmissione parlava così tanto che, a un certo punto, dissi a Parenzo: «Non insistere, non farlo sfogare adesso. Perché magari si accorge che è una cosa che ci può servire in diretta. Cambiammo in fretta discorso».

     P: Dopo la trasmissione Calearo ebbe una crisi. Iniziarono attacchi durissimi nei suoi confronti. Veltroni lo definì «una persona orrenda», Zingaretti «opportunista, egoista e senza ideali». Persino Gasparri, all’epoca suo alleato, disse che era «una vergogna per l’Italia e l’imprenditoria». Io e Cruciani pochi giorni dopo scrivemmo un articolo su «Il Giornale» per difenderlo, spiegando che le persone orrende, colpevoli della crisi, erano altre e che se la sua Porsche aveva la targa slovena il problema forse era delle tasse italiane troppe alte.

     C: Le aggressioni e le minacce a Calearo furono una cosa folle ma le dichiarazioni di quella sera segnarono la sua fine politica. Mi dispiace ammetterlo, ma fu così. In fondo su molte cose la penso come lui.

     P: Calearo aveva una grande notorietà e dunque inevitabilmente le sue affermazioni fecero scalpore. Ma se penso alle frasi dette alla Zanzara da Mario Pepe…