Da "Cattivissimi Noi" (giugno 2013)
Nella passata legislatura chi fece un percorso politico identico a Scilipoti fu Antonio Razzi: prima con Di Pietro, poi con Berlusconi. Anche lui veniva invitato spesso alla Zanzara. Anzi, di recente l’ho risentito in diretta con voi, nella nuova veste di membro della Commissione esteri del Senato.
P: In realtà, per molti aspetti è l’opposto di Scilipoti. Uno ha studiato, ha fatto il medico a Messina, ha un linguaggio strano ma ricco. Razzi, invece, non so nemmeno se abbia finito le scuole, non sa parlare in italiano, ha fatto per tanti anni l’operaio in Svizzera.
C: Razzi è un manovale della politica, un portatore d’acqua, si è trovato una cosa grossa tra le mani – tenere appese al proprio voto le sorti di un governo – e l’ha sfruttata fino in fondo. È stato abile, da un certo punto di vista.
Vi siete sempre divertiti a sottoporre Razzi a una specie di quiz di cultura generale, in particolare sulla politica estera, giocando sulla sua scarsa preparazione.
P: Pure con l’italiano non è che sia molto a suo agio… In fondo, basta lasciarlo parlare in libertà per garantirsi lo spettacolo. A uno che ti dice testualmente: «Le ultime grandi opere che c’è in Italia le ha fatte lui, Mussolini. Non sono di quel partito ma bisogna riconoscere che quello che è fatto è fatto», cosa gli vuoi dire di più? Nella stessa intervista confessò di aver conosciuto in Senato Tzipi Livni, la ministra degli esteri israeliana: in realtà l’aveva confusa col nostro ministro dell’integrazione Kyenge…
C: Ma la perla assoluta di Razzi rimane l’analisi della situazione in Corea del Nord. Una volta ci raccontò: «Ci sono stato cinque volte e sono sempre stato entusiasta della gente e dell’accoglienza, non è che tutti i comunisti si mangiano i bambini, a Pyongyang si sta bene, uno ci può andare a fare le vacanze tranquillamente». Un fenomeno!